La percezione del paesaggio.
Molti autori si sono impegnati a discutere il concetto di paesaggio. E tante sono le associazioni che si occupano di tutela del paesaggio, in maniera diretta e indiretta.
Si teorizza si scrive e ci si lavora molto.
Tuttavia spesso, discutendo con gli amministratori pubblici, specialmente degli enti locali, si trova che risulta loro poco chiaro il concetto di Paesaggio, non tanto dal punto di vista normativo ma quanto a percezione dell’idea Paesaggio, che resta relegata a visioni bucoliche, tra montagne e colline.
Pochi comprendono che è paesaggio tutto quanto sta intorno a noi.
Infatti la Convenzione Europea del Paesaggio ha posto l’attenzione su tutti i paesaggi, anche quelli ormai compromessi dalle pressioni dello sviluppo contemporaneo, e declina il concetto come quello di ambiti di territori definiti dalla percezione che di essi ha la comunità.
Spesso quando osserviamo il territorio che non identifichiamo come urbano, gli elementi che contempliamo come “Paesaggio”, sono legati agli archetipi che compongono l’idea soggettiva venata di romanticismo che ne abbiamo: montagne , colline, vigneti, laghi, stelle, fiumi.
Quando la terra diventa paesaggio?
Roger Scruton ci suggerisce che esiste una correlazione tra la percezione del paesaggio e il modo in cui guardiamo alle persone.
Con gli altri noi instauriamo rapporti vicendevoli, filtrati attraverso la nostra visione morale, le nostre idee religiose ed estetiche.
Qualcosa di simile accade nella nostra relazione con la terra, nel cui ambito interpretiamo gli oggetti come soggetti.
Il nostro diorama percettivo, ovvero il nostro giro di orizzonte visivo, attraversa il mondo degli oggetti, e nei luoghi recupera una presenza soggettiva. Così a noi si rivela il Paesaggio.
Il limite di tale operazione consiste nei preconcetti che abitano le persone e che le portano – accade sia agli amministratori, sia a volte ai pianificatori — orientare il loro sguardo secondo quella che intendono per tradizione: su paesaggi assunti come belli in quanto ricchi di emergenze naturalistiche.
Pertanto il territorio extra urbano non viene esplorato con metodo, e se ne ignorano le potenzialità che solo un’attenta visione progettuale può rivelare.
E così spesso ci troviamo con Paesaggi abbandonati, perché non riconosciuti.
Di conseguenza sorge l’abbandono dei territori compromessi: ambiti periurbani, zone interessate dallo sprinkling ovvero dalla dispersione, zone agricole riconvertite secondo le logiche dei contributi agricoli europei e della frammentazione fondiaria.
E se tra gli amministratori locali è conosciuta la pratica della rigenerazione urbana, difficilmente si parla della rigenerazione degli ambiti extra-urbani.
Tali ambiti sono interessati da una pianificazione sovralocale di difficile applicazione nei piani comunali, e riguarda i seguenti punti:
- Il Piano paesaggistico
- Il Consumo del suolo
- La Tutela del paesaggio rurale attraverso specifiche linee-guida
Gli amministratori locali tendono a gestire il territorio fuori le porte urbane, combattendo i rifiuti sparsi nel territorio, attraverso un ecologismo di maniera, salvaguardando emergenze ambientali, contenendo l’inquinamento, recuperando i sentieri.
Il risultato è che esistono vuoti immensi nella pianificazione del territorio comunale, sotto i profili, sia normativo, sia della riconoscibilità giuridica del regime dei suoli, sia di una strategia completa del governo del territorio.
Porzioni di territorio periurbano e agricolo, sono sbrigativamente disciplinate, nella maggioranza dei casi, nella zonizzazione con la lettera E (Zona Agricola), o con poche altre indicazioni.
Ne consegue un territorio disarticolato che rappresenta porzioni ampie di un territorio comunale, ed ecco le distese di capannoni agricoli o industriali alternati sui campi, l’emergere di pale eoliche , di tralicci e cavi elettrici, e poi piantumazioni sparse, cave, campi abbandonati, culture frammentate.
Il tutto ben lontano dai paesaggi rurali armonici e strutturati che mostrano le cartoline della Toscana.